Gli Einstein esportano macchine elettriche e progettano impianti per l’Italia già dalla fine degli anni ’80; hanno stretti rapporti con L. Garrone, ingegnere torinese ed hanno anche facoltosi parenti a Genova. Chiusa la ditta di Monaco riescono a procurarsi un capitale sufficiente per ripartire in Italia, mercato più adeguato per la loro azienda medio-piccola. Pavia pare una buona sede per la costruenda officina: l’elettrificazione della città potrebbe diventare la prima importante commessa italiana. Gli Einstein si trasferiscono in Italia mentre Albert viene lasciato a Monaco, per non interrompere il suo iter scolastico. Le vicende imprenditoriali pavesi, dopo un discreto inizio, volgono in breve al peggio e le officine pavesi, apparentemente ben organizzate, vengono poste in liquidazione a soli due anni dalla loro fondazione. Lo zio Jakob si mette alle dipendenze mentre Hermann tenacemente continua con la propria ditta, tra costanti alti e bassi, a Milano prima e nel nord est poi. Il giovane Albert, non sentendosi valorizzato dagli studi ginnasiali, decide autonomamente di dare una svolta alla sua vita: abbandona la scuola di Monaco e raggiunge la sua famiglia. Inizia così il suo breve ma proficuo periodo italiano: venendo in Italia si guadagna quella libertà di cui non potrà mai più fare a meno.